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FISIOTERAPIA E RIABILITAZIONE

Il futuro della riabilitazione, dove programmi innovativi, metodiche avanzate, tecnologie sofisticate garantiscono il miglior recupero funzionale nel minor tempo possibile.

TERAPIE FISICHE

TECARTERAPIA

La Tecarterapia, o semplicemente Tecar (Trasferimento Energetico Capacitivo Resistivo), è una tecnica che stimola energia dall'interno dei tessuti biologici, attivando i naturali processi riparativi e antiinfiammatori. L'idea di trasferire energia ai tessuti infortunati è comune a molte terapie fisiche (Radar, Marconi, Magnetoterapia, ecc.), ma tutte somministrano energia proveniente dall'esterno.

L’efficacia della Tecar si basa sulla possibilità di trasferire energia biocompatibile ai tessuti lesi, senza alcuna somministrazione dall’esterno, ma inducendo dall’interno le cosiddette “correnti di spostamento” attraverso un movimento alternato di attrazione e repulsione (500.000 volte al secondo) delle cariche elettriche che, sotto forma di ioni, sono i costituenti essenziali di ogni substrato biologico, in altri termini del corpo umano.

La Tecarterapia richiama cariche elettriche endogene, cioè interne all’organismo, applicando al campo biologico il principio chimico del condensatore. Questo meccanismo crea una forte stimolazione a livello cellulare, che genera una serie di effetti: un aumento dell'attività metabolica, un aumento della circolazione ematica e del drenaggio linfatico, una migliore ossigenazione dei tessuti.

La Tecarterapia teoricamente non ha effetti collaterali; ciò consente di applicarla in tempi molto ravvicinati al trauma, ripetendola eventualmente più volte al giorno e potendola associare senza problemi ad altre terapie, come il massaggio e la terapia manuale.

Il suo impiego è quindi fondamentale nelle terapie riabilitative, potendo trattare con efficacia e in tempi brevi numerose patologie acute o croniche: distorsioni articolari, lesioni tendinee e legamentose, fratture ossee, esiti traumatici in generale, esiti di interventi chirurgici, artrosi, artriti, fibromialgie.

Laserterapia a media potenza e ad alta potenza (Hilt Terapy)

L.A.S.E.R. è l’acronimo inglese di “Light Amplification by the Stimulated Emission of Radiation.” Esso definisce quindi un mezzo fisico che produce energia sotto forma di un’onda luminosa in seguito a un’emissione stimolata di radiazioni.

Esistono Laser a bassa potenza (Elio-Neon), a media potenza (a diodi), ad alta potenza (anidride carbonica, Neodimio/Yag). Quest’ultimo è oggi uno dei laser più usati, perché potente, efficace, maneggevole, sicuro. Con il Laser a Nd/Yag pulsato si riescono a erogare picchi di potenza fino a 1000 Watt per tempi di 200 microsecondi: intensità tanto elevate in tempi molto corti impediscono l’accumulo termico da parte del tessuto; questo significa una maggior capacità diffusiva del raggio Laser attraverso i tessuti con un rischio termico bassissimo.

Il Laser a Nd/Yag è una vera e propria energia verticale in quanto raggiunge istantaneamente profondità inaccessibili ad altre tecniche; la sua profondità di azione può variare da un minimo di 2 a un massimo di 6-7 cm a seconda delle strutture che il fascio laser incontra durante la penetrazione; l’elevata dose energetica arriva agli strati più profondi mantenendo inalterata l’efficacia terapeutica. Per questo il Laser Nd/YAG (Hilt Terapy) è il più indicato nel trattamento di una patologia profonda muscolare, tendinea o articolare. Questo induce fin dalla prima applicazione una intensa riduzione del dolore e contemporaneamente un recupero della mobilità. Questo effetto benefico può durare dalle 4 alle 72 ore dopo la prima applicazione; dopo alcune sessioni si possono ottenere la remissione completa del dolore e il completo recupero della mobilità.

Le indicazioni alla laserterapia, nel campo delle patologie muscolo-scheletriche, comprendono: lesioni muscolari, tendinee e legamentose (contratture, distrazioni, strappi); patologie flogistiche a carico di tendini e tessuti molli (tendiniti, borsiti, ecc.); patologie inserzionali; riassorbimento superficiale e in profondità di residui di ematomi e edemi; artralgie e artropatie di varia natura, anche degenerative, grazie all’effetto biostimolante; condropatie (lesioni o usure della cartilagine); distorsioni e contusioni articolari; periostiti; metatarsalgie e fasciti plantari; cisti tendinee e/o infiammatorie; patologie della mano (s. del tunnel carpale, m. di Dupuytren, dito a scatto, ecc.).

Le controindicazioni riguardano i pazienti portatori di pace maker e i pazienti con neoplasie sospette o conclamate. Inoltre è assolutamente controindicato l’utilizzo della crioterapia prima del trattamento con Laser Nd/Yag.

Questa metodica non ha praticamente effetti collaterali. E’ importante invece sottolineare come possa provocare dei danni, dovuti a imperizia, negligenza, imprudenza. La maggior parte dei danni causati dal laser sono dovuti al riscaldamento del tessuto biologico limitatamente a una zona ristretta e superficiale della pelle, che assorbe percentualmente in quantità maggiore l’energia laser causando quindi ustioni cutanee, con danni estetici a volte irreversibili. Altri tessuti biologici, quali il cristallino e in particolare la retina, possono manifestare alterazioni irreversibili provocate da una esposizione eccessiva alla radiazione laser.

Onde d’urto

La terapia con onde d'urto o ESWT (Extracorporal Shock Wave Therapy) consiste nella somministrazione di onde acustiche ad alta energia in grado di produrre effetti profondamente diversi in funzione del tipo di struttura o tessuto investiti.

In sintesi, i principali meccanismi di azione delle onde d'urto consistono in: effetto antiflogistico e antiedemigeno; effetto angiogenetico; riattivazione dei processi riparativi tessuto-specifici; effetto analgesico. Tali effetti, a differenza di quanto succede per le applicazioni in campo urologico (distruzione meccanica di aggregati inorganici), non sono di tipo litico o lesivo perché sono solo in minima parte legati a un meccanismo di azione diretto o di impatto pressorio sulle strutture biologiche, ma sono piuttosto mediati da alcuni fenomeni fisici, conseguenti al passaggio dell'onda nel tessuto colpito, con possibili fenomeni di “cavitazione.” Le onde d'urto di distinguono in focali e radiali. Queste ultime sono impiegate in campo ortopedico e fisiatrico, con largo utilizzo nelle patologie sportive, perché particolarmente adatte nel trattamento delle lesioni muscolari e tendinee, così come nel trattamento dei cosiddetti trigger points.

Le indicazioni principali riguardano gli apparati osteo-articolare e muscolo-tendineo: ritardi di consolidamento e pseudoartrosi, fratture da stress, condrocalcinosi articolari, capsuliti adesive, borsiti (sub-acromiale, olecranica, trocanterica, patellare), contratture e fibrosi muscolari, miositi ossificanti, sindrome retto-adduttoria, calcificazioni peritendinee, tendinosi (sovraspinato, rotuleo, achilleo), epicondilite, epitrocleite, fascite plantare, sperone calcaneare, m. di Dupuytren, s. del margine tibiale.

Le controindicazioni al trattamento con onde d’urto consistono in: infezioni o neoplasie dei tessuti da trattare, cartilagini di accrescimento, emofilia o altre coagulopatie, gravidanza, presenza di pace-maker, vicinanza di strutture anatomiche a rischio di lesione (polmone, cuore, organi cavi, encefalo, grossi vasi e tronchi nervosi).

Gli effetti collaterali sono estremamente rari e contenuti e comprendono: edema e arrossamento nella zona di trattamento, ecchimosi e rotture capillari, dolore locale durante la terapia, riacutizzazione temporanea della sintomatologia dolorosa nelle ore o nei giorni successivi al trattamento.

Il protocollo standard prevede cicli di 3 sedute - a cadenza settimanale - e controllo a distanza di un mese. L’effetto non sempre è immediato, anzi in alcuni casi vi è una riacutizzazione della sintomatologia algica dopo il trattamento.

Ultrasuoni

L’ultrasuono è una vibrazione acustica con una frequenza al di sopra di quelle udibili dall’orecchio umano (maggiore di 20000 Hz), che viene applicata a scopo terapeutico.

Gli effetti biologici degli ultrasuoni possono essere: meccanici (oscillazione delle particelle tissutali, scissione di molecole complesse, micromassaggio); termici (l’aumento della temperatura è conseguente all’effetto meccanico per frizione delle strutture cellulari); chimici (distruzione di batteri, flocculazione di colloidi); fisici (effetto cavitazione).

Gli effetti terapeutici principali sono la risoluzione delle contratture muscolari, l’azione fibrolitica, l’eliminazione dei cataboliti per vasodilatazione, l'attivazione del metabolismo cellulare.

La somministrazione degli ultrasuoni può essere diretta – con la testina dell’apparecchiatura a contatto con la cute su cui si applica uno strato di gel, perché la presenza di falde d’aria impedisce l’assorbimento degli ultrasuoni – oppure indiretta – nel caso di ultrasuoni a immersione, in cui la testina viene posta in acqua con la parte corporea immersa ad una distanza di 2-3 cm – in questo modo potendo trattare parti piccole come le dita delle mani e dei piedi.

Le indicazioni al trattamento con ultrasuoni sono diverse: tendiniti, periostiti, periartriti, contratture muscolari, ematomi organizzati, cicatrici o cheloidi, l'ispessimento della fascia palmare (Morbo di Dupuytren) o plantare (fascite).

Le controindicazioni sono: neoplasie, cartilagini di accrescimento, protesi articolari per l’effetto che le vibrazioni possono avere determinandone lo scollamento, mezzi di sintesi metallici per evitarne il surriscaldamento; sono inoltre da evitare i trattamenti della zona cardiaca, dei globi oculari e dell’apparato genitale.

Magnetoterapia

La magnetoterapia è un’apparecchiatura in grado di generare un campo magnetico, vale a dire una regione dello spazio dove agiscono delle particolari forze; queste forze possono essere generate da un magnete, da una corrente elettrica o da un campo elettrico che varia nel tempo. È per esempio nota a tutti la forza attrattiva di una calamita sulla limatura di ferro. Meno noto è il fatto che una tale forza magnetica possa essere generata anche da una corrente elettrica.

A livello terapeutico si usano campi magnetici a bassa intensità, al fine di dare un notevole aiuto nella cura di diverse sintomatologie legate a stati infiammatori o a patologie ossee.           I campi magnetici vengono impiegati in fisioterapia ormai da qualche decennio perché gli impulsi elettromagnetici, eccitando le cellule, aiutano la rigenerazione dei tessuti ossei e cutanei, migliorano la circolazione sanguigna e stimolano la produzione di endorfine da parte del sistema neurovegetativo riducendo in tal modo il dolore che accompagna inevitabilmente lo stato infiammatorio. Inoltre la magnetoterapia stimola l'assimilazione del calcio, importante per le ossa che rinforzandosi saranno meno soggette a fratture o a malattie degenerative.

La magnetoterapia è indicata nelle fratture recenti o ritardo di consolidazione, osteoporosi, morbo di Sudeck, pseudoartrosi, artropatie di natura infiammatoria e degenerativa.

E’ controindicata nei casi di portatori di pace-maker e gravidanza.

TENS

La TENS terapia è la tecnica di elettroterapia più utilizzata in fisioterapia, con finalità analgesiche, di estrema efficacia per il trattamento di molte patologie nevritiche, osteo-articolari, muscolari, legamentose e tendinee.

La sigla TENS deriva dalle lettere iniziali delle parole inglesi "Transcutaneous Electric Nervous Stimulation" (stimolazione elettrica transcutanea nervosa), in quanto la tecnica è quella di applicare sulla cute, per mezzo di placche elettroconduttive, dei particolari impulsi elettrici che eccitano solo le fibre nervose della sensibilità tattile situate proprio sotto la pelle. Gli impulsi nervosi così prodotti, attraverso i nervi sensoriali, risalgono verso il midollo spinale bloccando a questo livello "la porta di ingresso al dolore" (processo gate control).

Stimolando le fibre nervose con impulsi TENS di frequenza appropriata si possono neutralizzare gli impulsi del dolore, i quali non giungendo al nostro cervello non verranno percepiti. Allo stesso tempo, questi impulsi TENS comandano al mesencefalo di produrre betaendorfine, cioè sostanze fisiologiche che hanno gli stessi effetti della morfina e in tal modo si completa l'azione analgesica con la scomparsa del dolore.

Nell'uso della TENS, notevole importanza assumono le frequenze degli impulsi. Con le frequenze medie e basse, occorre un tempo maggiore per ottenere la riduzione del dolore, ma l'effetto analgesico è più duraturo.

Un altro fattore da tenere in considerazione durante la terapia TENS è l'intensità della corrente degli impulsi per ottenere l'attenuazione del dolore: il paziente deve avvertire una costante sensazione di formicolio piacevole, che deve essere mantenuta per tutta la durata della seduta.

Elettrostimolazione

L’elettrostimolazione muscolare consiste nell’uso di un apparecchio che stimola le fibre muscolari attraverso impulsi elettrici a bassa frequenza. Le contrazioni fisiologiche imposte dall'elettrostimolazione consentono ai muscoli di acquistare volume, forza, resistenza e di bruciare le riserve di grasso. È chiaro, comunque, che l'elettrostimolazione può agire solo su uno o due muscoli alla volta e quindi se è molto utile per riabilitare i muscoli di un arto immobilizzato in seguito a un infortunio, non può sostituire una seduta di allenamento ma solo integrarla validamente.

Mentre in caso di riabilitazione o di deficit muscolare i risultati sono eclatanti poiché è facile indirizzare la terapia verso questo o quel muscolo, nel caso di un atleta normale i tempi necessari per realizzare un programma completo di allenamento sono decisamente più lunghi (contrariamente a quanto pubblicizzato) rispetto a una normale seduta in palestra (dove per esempio si può ruotare fra le varie macchine allenando un muscolo mentre l'altro riposa) o ad allenamenti naturali come la corsa in salita. D'altro canto non ha molto senso usare l'elettrostimolatore per allenare, per esempio, solo il quadricipite, in quanto si potrebbero facilmente creare squilibri nella muscolatura dell'atleta.

L'impiego esagerato dell'elettrostimolazione provoca il classico dolore del giorno dopo, sia a livello muscolare sia talvolta a livello tendineo.

Le controindicazioni da tenere presenti sono: donne in gravidanza; problemi neurologici (anche lievi, come fascicolazioni); patologie cardiache con disturbi del ritmo (anche i portatori di pacemaker); epilessia; diabete; ipertensione arteriosa; lesioni muscolari.

Ionoforesi

La ionoforesi è un tipo di elettroterapia antalgica che usa la corrente continua unidirezionale al fine di trasportare farmaci allo stato ionico. La corrente veicola gli ioni verso l'elettrodo di polo opposto; gli ioni trovano il canale di passaggio attraverso i dotti piliferi e le ghiandole sudoripare; nel derma profondo parte degli ioni vanno nel circolo capillare mentre la restante parte legandosi alle proteine si accumula in depositi attivi a lenta cessione.

La ionoforesi viene effettuata con un apparecchio che ha due elettrodi - uno positivo e l'altro negativo - di gomma speciale conduttiva, rivestiti da involucri di spugna inumiditi e imbevuti del farmaco da somministrare per la terapia. La fiala del farmaco viene distribuito su una delle superfici assorbenti degli elettrodi che viene poi messo nel punto in corrispondenza della zona da trattare, mentre l'altro elettrodo sarà posizionato in vicinanza dell'altro.

Le sostanze con peso molecolare basso attraversano più velocemente la membrana e sono quindi da preferire per l’efficacia del trattamento. Anche l’intensità della corrente, se bassa, agevola la penetrazione del medicamento.

I vantaggi della ionoforesi sono diversi in quanto: permette di introdurre nell'organismo, direttamente nella zona da trattare, sostanze “pure” assolutamente senza dolore e senza apportare alcun danno ad altri organi; permette agli ioni di legarsi a determinate proteine con la conseguenza di aumentare il tempo di permanenza in circolo della sostanza medicinale; migliora il trofismo dei tessuti superficiali e profondi.

La ionoforesi è controindicata nei soggetti con presenza di pace-maker, mezzi di sintesi metallici, lesioni cutanee, epilessia, ipoestesia cutanea.

Crioterapia

Per crioterapia in riabilitazione si intende un tipo di terapia fisica eseguita mediante il freddo: con la diminuzione della temperatura cutanea e dei tessuti sottostanti così indotta, si ottiene un potente effetto analgesico, antinfiammatorio e quindi anestetico della parte sottoposta al trattamento: muscolo, tendine o articolazione. Nel muscolo la temperatura può essere ridotta fino a quattro centimetri in profondità, in quanto il muscolo è un tessuto che contiene acqua e pertanto diventa un eccellente conduttore di freddo, al contrario del grasso che è idrofobo.

Le indicazioni elettive della crioterapia sono a livello dell’apparato muscolo-tendineo, soprattutto negli esiti di traumi, in particolare nella pratica dell'attività sportiva.

Nei traumi acuti il trattamento col freddo è utile dal primo giorno a due settimane. Il pericolo di congelamento della parte trattata è una possibilità remota, ma esiste il rischio di una ustione da freddo se esso non viene usato correttamente; si consigliano massimo 15 minuti ogni ora, da ripetere più volte ad intervalli regolari.

Gli effetti terapeutici della crioterapia dipendono da diversi meccanismi: un'immediata vasocostrizione locale; una successiva azione antistaminica; una azione di rimozione dei detriti tissutali ad opera dei macrofagi; un’azione periferica, con un incremento della soglia al dolore tramite un'inibizione esercitata sui recettori algogeni e sulle relative fibre afferenti; un’azione centrale, secondo la teoria del “gate control”, per cui gli stimoli termici sulla pelle ostacolano la trasmissione e la ricezione degli impulsi dolorosi; un’azione di rallentamento dell'attività metabolica tessutale; un’azione antispastica muscolare.

La crioterapia è controindicata quando sono presenti: ipersensibilità al freddo, disturbi sensitivi, ferite aperte, vesciche cutanee, disturbi alla circolazione arteriosa, acrocianosi e fenomeno di Raynaud.

Pressoterapia

L’effetto della pressoterapia si basa su un'azione fisica che agisce sulla circolazione venosa e linfatica, drenando gli edemi e le ritenzioni venose e linfatiche. Le apparecchiature per la pressoterapia, attraverso pressioni dosate ai tessuti, facilitano il drenaggio del liquido interstiziale e dei soluti che vi si trovano, attivando anche la circolazione venosa e liberando l'ambiente extracellulare dalle scorie che le cellule costantemente vi riversano. La pressione non viene esercitata contemporaneamente su tutta la superficie coperta dai segmenti o dai gambali, ma secondo una sequenza centripeta che è quella seguita dal sangue venoso e dalla linfa.

La sequenza pressoria favorisce l'entrata del liquido interstiziale nei vasi linfatici e nell'albero circolatorio, attivandone il naturale percorso. E' importante ricordare che a pressioni più alte non sempre corrispondono effetti e benefici maggiori; la pressione massima esercitata non dovrebbe superare la pressione arteriosa minima per non ostacolare l'arrivo di sangue ossigenato nei tessuti. E' quindi consigliabile non superare una pressione di 60 mm di mercurio.

La pressoterapia è utilizzata sia in medicina estetica, per problemi di cellulite, sia negli edemi patologici, quali quelli da insufficienza venosa degli arti inferiori o da linfedema dell’arto superiore post-mastectomia (intervento chirurgico in caso di tumore al seno).

E' consigliabile abbinare alla pressoterapia anche il linfodrenaggio manuale per potenziare il miglioramento della circolazione e l'ossigenazione dei tessuti.

E’ controindicata in caso di insufficienza cardiaca, varici, flebiti, lesioni cutanee, ostruzioni linfatiche, neuropatie periferiche.

RIABILITAZIONE

Rieducazione funzionale ortopedica , chirurgica e reumatologica

La rieducazione funzionale è il recupero del movimento e della funzionalità di un'articolazione, un arto o un distretto corporeo dopo un trauma, un intervento chirurgico, un periodo di immobilizzazione forzata.

Per esempio la riabilitazione di una spalla o di un ginocchio, dopo un infortunio, una frattura o un intervento chirurgico, soprattutto se c’è un periodo di immobilizzazione prolungato, consiste dapprima nel recuperare il movimento dell’articolazione e poi la funzionalità generale; nel caso di un ginocchio si comincia dal riprendere la stazione eretta, poi il cammino, la corsa e la ripresa completa dell’attività lavorativa o sportiva.

Un programma di rieducazione funzionale può essere utile in molteplici situazioni: patologie di tipo ortopedico e traumatologico, quali fratture ossee (con o senza apparecchio gessato), distorsioni articolari, lesioni dei tendini o dei legamenti, stiramenti o strappi muscolari; esiti di interventi chirurgici, quali gli interventi ai legamenti del ginocchio (soprattutto il legamento crociato anteriore), ai tendini della spalla (cuffia dei rotatori), le protesi articolari, le amputazioni, gli interventi alla colonna vertebrale; patologie di tipo reumatologico e geriatrico, nelle patologie croniche limitanti dell’artrite, dell’artrosi e dell’invecchiamento; condizioni di disabilità o di handicap; patologie nell’ambito della medicina sportiva, specie nel recupero e ripresa dopo infortuni sportivi.

Le tecniche utilizzate in ambito riabilitativo sono molteplici: la mobilizzazione articolare, lo scollamento delle cicatrici, il drenaggio dei versamenti, la riduzione delle tumefazioni, il riassorbimento degli ematomi, il recupero del tono e del volume muscolare, la ripresa delle normali attività quotidiane, lavorative, sportive.

Rieducazione neuromotoria

La rieducazione neuromotoria si applica nei casi di deficit motori nelle patologie di origine neurologica; le più frequenti sono: paralisi cerebrale infantile, disabilità o handicap dell’età evolutiva e adulta, emiparesi, paraplegia o tetraplegia, sclerosi multipla, morbo di Parkinson, demenze senili e tutte le condizioni di disturbi del movimento, dell'equilibrio e della coordinazione delle persone anziane.

La fisioterapia svolge un ruolo importante nell’insieme di cure e trattamenti che una persona riceve dopo un evento di questo tipo, con lo scopo sia di ridurre la disfunzione degli apparati - in particolare di quello muscolo-scheletrico - cercando di migliorare le prestazioni della persona, sia di migliorare la partecipazione sociale, cercando di adattare l’ambiente circostante ai nostri bisogni o di utilizzare ausili, ortesi e protesi che facilitino lo svolgimento di tali attività.

In tutti questi casi il concetto di riabilitazione non è inteso strettamente come recupero, cioè come miglioramento, ma anche e soprattutto come ottimizzazione delle abilità residue. In altre parole non bisogna sempre aspettarsi il miglioramento di una persona ma anche valorizzare il non peggioramento, tenendo presente che certe malattie sono evolutive e peggiorative e quindi, dopo un periodo più o meno lungo di riabilitazione, bisogna valutare sia quello che si è ottenuto sia quello che si sarebbe prodotto se non si fosse fatto nulla.

Rieducazione propriocettiva

La rieducazione propriocettiva può essere definita come la rieducazione dei movimenti integrati, coordinati e complessi e rappresenta la capacità del sistema nervoso centrale di percepire la posizione del corpo e delle sue parti, nonché della contrazione muscolare e del movimento nello spazio, dei diversi distretti corporei (cinestesia), anche senza l'apporto della vista.           

La rieducazione propriocettiva consiste in esercizi di equilibrio utilizzando dei piani di appoggio stabili o instabili (tavolette di varie forme e dimensioni, pedane computerizzate) i quali servono a dare sollecitazioni multiple all’arto che su di essi viene appoggiato.

Il trattamento propriocettivo non è impostato fine a se stesso, ma considerando il paziente come parte di un sistema. Vengono immaginate e simulate le situazioni più svariate in cui un paziente si trova ad agire nella vita reale, anche con l’aiuto di ausili speciali e, nel caso particolare di un'atleta, vengono proposte tutte quelle situazioni alle quali viene sottoposto durante la sua attività.

La rieducazione propriocettiva è indispensabile per proteggere le articolazioni da carichi eccessivi e prevenire le lesioni recidive. L’esempio più ricorrente è la distorsione di caviglia, dove l’obiettivo riabilitativo consiste sia nel “rinforzare” le strutture legamentose articolari sia nel riprendere una normale attività motoria e un’ottimale attività lavorativa o sportiva sia infine per ridurre le probabilità di una nuova distorsione, evento più frequente in chi ha dei precedenti.

Massoterapia

La massoterapia, più comunemente conosciuta con il termine breve di massaggio, è una pratica terapeutica che consiste in un insieme di azioni manuali esercitate sulla pelle, con l’intento di mobilizzare i tessuti superficiali e profondi.

Il massaggio ha effetti diretti sulla cute e sui muscoli ed effetti indiretti, per via riflessa attraverso il sistema neurovegetativo, sull'apparato circolatorio e sul sistema nervoso.

Viene impiegato per rilassare o normalizzare il tono muscolare, migliorare la circolazione sanguigna, favorire l’eliminazione delle scorie metaboliche le sostanze tossiche del muscolo affaticato, ridurre i depositi di grasso corporeo, stimolare il processo rigenerativo aerobico, ridurre la tensione nervosa e il senso di stanchezza.

Il massaggio quindi ha diverse funzioni: rigenerativa, con azione rilassante; riabilitativa, con azione coadiuvante; tonificante, con azione preparatoria; antalgica, per ridurre il dolore e accompagnare la guarigione dopo un evento traumatico.

Le principali tecniche di massaggio sono: massaggio di base, massaggio sportivo, massaggio connettivale, linfodrenaggio manuale, bendaggio funzionale muscolare, coadiuvante al trattamento di base.

Linfodrenaggio

Il linfodrenaggio manuale è una particolare tecnica di massaggio che permette il drenaggio linfatico dai tessuti. La tecnica consiste in precisi movimenti manuali applicati sul corpo del paziente con “tocchi”, movimenti circolari o a pompa che, modificando la pressione sui tessuti, permettono alla linfa una migliore circolazione. La tecnica del massaggio, per essere efficace, deve essere eseguita correttamente rispettando sia la direzione di flusso della linfa verso le stazioni linfonodali che la pressione nelle diverse manovre.

L’effetto del linfodrenaggio manuale consiste in gran parte in una eliminazione meccanica dal tessuto dei liquidi e degli elementi in essi esistenti, per cui viene utilizzato soprattutto nel trattamento degli edemi, quali, come esempio più frequente, quelli che si formano agli arti superiori in seguito a un intervento chirurgico di mastectomia (asportazione del seno per un tumore).

Oltre all’azione drenante dei tessuti, il linfodrenaggio manuale ha un’azione sulla conduzione del dolore, con un effetto antalgico. Inoltre ha un’azione sul sistema neurovegetativo, in particolare sul sistema parasimpatico, provocando quindi una inibizione del tono muscolare e un miglioramento del trofismo tessutale.

Il linfodrenaggio manuale è assolutamente controindicato nei casi di: tumori in attività, infiammazioni acute, trombosi recenti, edema cardiaco. Deve essere utilizzato con cautela e solo se effettivamente necessario quando vi sono: ipotensione, ipertiroidismo, fase del ciclo mestruale, cardiopatie non edemigene, asma bronchiale.

Massaggio sportivo

Il massaggio sportivo è un tipo di massaggio che privilegia alcune tecniche di particolare beneficio per l’atleta. Queste sono rivolte sia al defaticamento dopo le gare e gli allenamenti, sia alla preparazione delle gare o degli allenamenti medesimi, sia nei casi di problemi muscolari da sforzi o infortuni.

Quindi il massaggio sportivo si può distinguere in:

massaggio tonificante, effettuato come preparazione a uno sforzo, prima di un allenamento o di una gara, mirando a un miglioramento dell’elasticità e della vascolarizzazione muscolare;

massaggio rigenerativo, praticato dopo le gare o gli allenamenti per smaltire la fatica muscolare, impedire la comparsa di indolenzimenti, risolvere le eventuali tensioni o contratture e recuperare la piena funzionalità muscolare;

massaggio riabilitativo, utilizzato nelle fasi di rieducazione funzionale dopo un infortunio o un intervento chirurgico;

massaggio post-traumatico, che serve a ridurre il dolore e accelerare la guarigione dopo un trauma diretto muscolare.

Bendaggio funzionale

Il bendaggio funzionale è una tecnica di immobilizzazione parziale volta a ridurre i tempi di guarigione rispetto alle metodiche di immobilizzazione tradizionali. Un’articolazione o un distretto muscolare vengono infatti messi in scarico e protetti nella direzione di movimento dolorosa o patologica. Tale tecnica si ottiene attraverso l’applicazione mirata di bende e cerotti adesivi.

Le bende utilizzate si distinguono per le varie misure (cm 6-8-10), o per il loro grado di estensibilità. Alcune bende sono elastiche in larghezza, altre in lunghezza, altre ancora in entrambe le direzioni; vengono impiegate a seconda delle indicazioni. Il cerotto o tape anaelastico viene utilizzato per bloccare l’articolazione nelle direzioni desiderate.

Il bendaggio funzionale è indicato in seguito a una distorsione o una lussazione, dopo una lesione muscolare o una microfrattura , ma anche nel caso di edemi e gonfiori importanti.

Non va bendato chi ha problemi dermatologici o allergie riconosciute al collante. Viene mantenuto solitamente 4-7 giorni, durante i quali viene concesso di svolgere le normali attività giornaliere. Non può essere bagnato.

Kinesio Taping

Il Taping è un tipo di bendaggio funzionale confezionato in preparazione ad un impegno sportivo, solitamente per i primi allenamenti successivi ad un infortunio. Non vengono utilizzate bende elastiche ma solo cerotto inestensibile. Va rimosso immediatamente dopo l’impiego.

Il Kinesio Taping o Taping NeuroMuscolare, a differenza del taping tradizionale anaelastico, si basa sull'agevolazione dei movimenti cutanei  e muscolari in modo da ottenere un effetto biomeccanico terapeutico sulle zone trattate.

Il nastro che viene utilizzato per il kinesio taping è uno strato di cotone di pochi millimetri di spessore con adesivo acrilico spalmato a onde, è elastico solo in lunghezza e resiste all'acqua. Può essere applicato per più giorni, non contiene alcun principio attivo e può essere usato su bambini, adulti, anziani e donne in gravidanza.

L'applicazione insieme al movimento del corpo produce micromovimenti del nastro che stimolano i recettori cutanei e quelli degli strati sottostanti determinando una risposta muscolare riflessa. Agendo su cute, muscoli, articolazioni, sistemi venoso e linfatico, il kinesio taping raggiunge sei principali obbiettivi: allevia il dolore; riduce la tensione muscolare; rimuove la congestione venosa e linfatica; facilita la circolazione ematica; corregge l'allineamento articolare; migliora l'assetto posturale.

Il kinesio taping può essere impiegato come unica risorsa o essere usato come terapia aggiuntiva da inserire in programmi terapeutici sia manuali sia strumentali, sia in medicina sportiva sia in fisioterapia, riuscendo contemporaneamente a ridurre i tempi di recupero e aumentare i livelli di forma fisica.

Fisioterapia domiciliare

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